Dopo
che per anni alcuni alti vertici politici italiani hanno negato l’esistenza
della crisi, oggi tutti siamo sempre più consapevoli della sua esistenza, la
viviamo, la sperimentiamo quotidianamente. Terminata quella mistificazione
colpevole, però, un rischio incombe ancora sui cittadini, quello di attribuire
ogni difficoltà ad una entità divenuta quasi astratta che è “la crisi” nata
nella lontana America o, al massimo, alla politica finanziaria europea e ai
tagli del governo, cioè a forze distanti, sovraordinate, inarrivabili (tutta
colpa della globalizzazione, si dice).
Talvolta,
invece, certe condizioni, se non certamente create, vengono aggravate da
livelli gestionali molto vicini ai cittadini, sui quali ciascuno può esercitare
un controllo diretto, livelli gestionali che sembrano utilizzare proprio “la
crisi” come alibi per tutte le proprie disfunzioni. E’ prevedibile il
ridimensionamento (definito, solitamente, razionalizzazione) dei servizi quando
c’è “la crisi”, è purtroppo scontato che l’erogazione di interventi
socio-assistenziali sia riservata ai casi più gravi, alle situazioni di
maggiore difficoltà, nel momento in cui le risorse diminuiscono. Importante
però è avere la garanzia che il sistema venga gestito al meglio, che le poche
risorse siano adeguatamente valorizzate e che non si perda alcuna opportunità
per garantire ai cittadini le risposte più efficaci ai loro bisogni.
Il
Distretto socio-sanitario di Ponente della provincia di Piacenza, in preda ad
una evidente deriva, sembra vivere una crisi più profonda della “crisi” stessa.
Il
sistema su cui da almeno 15 anni si fondava la gestione associata dei servizi
per i minori, mediante delega all’Azienda USL, è stato messo seriamente in
discussione: si è individuato un criterio di ripartizione delle spese che
ridimensiona l’approccio solidaristico alla definizione delle quote e che incide negativamente sui comuni di
piccole dimensioni, ma con un elevato numero di casi di minorenni in
difficoltà. Addirittura, alcuni comuni particolarmente popolosi, convinti di
beneficiare di un ulteriore risparmio, sono intenzionati a ritirare le deleghe
e ad assumere la gestione diretta di tali servizi, aumentando le probabili
difficoltà degli altri enti locali del
distretto.
Lo
strumento di pianificazione per eccellenza nato nel 2008, l’Ufficio di Piano, dalla
seconda metà del 2009, ha cominciato a sgretolarsi, il personale responsabile
delle diverse aree ha rinunciato via via all’incarico e si è arrivati alla
situazione attuale, insostenibile sul piano umano e professionale, in cui una
sola persona è responsabile di tutte le aree (e, nonostante lo svuotamento di
personale, i costi per la gestione dell’Ufficio medesimo sembrano rimasti gli
stessi di quando ogni posizione era coperta). In più di due anni, le figure tecniche
di riferimento per la programmazione, per l’attuazione e per il monitoraggio
dei progetti socio-assistenziali dedicati a minori, adulti in difficoltà,
disabili ed anziani non sono state sostituite. Stessa sorte è toccata al
Servizio Assistenza Anziani; dal 1 gennaio 2012 il responsabile è a riposo e
non si è ancora provveduto a sostituire il titolare in via definitiva.
Come
prima disastrosa conseguenza di tutto ciò, nel 2011 il distretto di Ponente ha
avuto un avanzo di circa 1.360.000 euro sul Fondo Regionale per la Non Autosufficienza,
cioè, non è stato in grado di programmare interventi attraverso i quali
destinare quella cifra a beneficio degli utenti del proprio territorio.
L’avanzo è stato quindi ridistribuito anche agli altri distretti, in particolar
modo Piacenza (che si erano mostrati più capaci di investire le loro quote) e,
presumibilmente, la Regione terrà conto di tale evidente “non necessità” di
denaro nel nostro Distretto (se non si spende, significa che non c’è il
bisogno) e potrà ridurre i futuri trasferimenti.
Ma
ancora più scandalosa appare la gestione dell’ASP Azalea, derivante dall’
unione tra le due preesistenti IPAB Albesani ed Andreoli, e di cui sono soci
tutti i comuni del Distretto. L’Azienda
in questione, nata secondo normative regionali, doveva divenire il principale
soggetto erogatore dei servizi socio-assistenziali della nostra area, ma, per
traversie note attraverso la stampa almeno nelle linee essenziali, si è
tradotta invece in un meccanismo che
genera dai 200 ai 250mila euro di disavanzo all’anno, che ha difficoltà di liquidità e che rischia
di lasciare i dipendenti senza stipendi.
In
sintesi, nel Distretto di Ponente sembrano dominare la cieca logica
campanilistica di chi, nei momenti di maggiori difficoltà generali, si ritira
entro le proprie mura anziché fare squadra, l’incapacità di “governare”
adeguatamente gli effetti locali di una crisi mondiale attraverso un impiego
proficuo delle seppur poche risorse disponibili, l’incapacità di strutturare e
gestire gli strumenti tecnici che devono fornire risposte concrete agli urgenti
problemi dei cittadini.
Chi
è responsabile di tutto ciò? Né la globalizzazione, né l’Europa, né Monti, ma
molto più semplicemente quella parte di amministratori locali del Distretto di
Ponente che mostrano di aver abdicato completamente al proprio ruolo,
vanificando anche l’impegno degli altri. Negli ultimi 20 anni, quello che si
chiamava Distretto Val Tidone-Val Luretta, costituito in un periodo in cui il
territorio era massicciamente amministrato dal centro-sinistra, aveva sperimentato soluzioni efficaci ed
innovative per affrontare il bisogno sociale dei residenti, aveva adottato un
modello veramente sistemico e collaborativo fra le varie amministrazioni,
perché l’obiettivo comune era costruire, affrontare i problemi e risolverli.
Anche tra il 2004 ed il 2009, quando la disomogeneità politica dell’area era diventata
significativa, l’impegno congiunto verso gli obiettivi citati (impegno
supportato ed integrato dall’Amministrazione provinciale allora in carica)
aveva dato frutti decisamente positivi. La ritrovata omogeneità politica
dell’ultimo periodo, sotto la bandiera del centro-destra, ha invece
progressivamente ma rapidamente smantellato un consolidato sistema con
molteplici punti di forza, anziché migliorarlo ulteriormente, e non ha
partorito alcuna nuova progettualità.
L’evanescenza
della pianificazione, l’incapacità di gestire ed investire risorse, l’assenza
di figure professionali idonee derivano dall’inerzia di quegli
amministratori impegnati solamente a
competere fra di loro, refrattari alla collaborazione, incapaci di guardare
oltre i confini spazio-temporali dei loro comuni e dei loro mandati elettorali.
E’ questo il quadro di un vuoto nell’agire politico, nel confronto, nella
capacità di mediazione, che ha impedito ai vari comuni di trovare il consenso
necessario per ricoprire i posti vacanti nell’Ufficio di Piano e nel SAA
(competenza dell’Assemblea del Comitato di Distretto in cui siedono i
rappresentanti di tutte le amministrazioni), per controllare l’operato del
consiglio di amministrazione dell’ASP (perlopiù espressione del centro-destra)
e, addirittura, per trovare una linea condivisa che consenta all’ASP di
diventare ciò che per legge deve essere.
E
la Provincia di Piacenza? Laissez faire,
ha lasciato fare ed è stata a guardare o, forse, ha rivolto lo sguardo da
un’altra parte.